Coliandro S1E1 - Nikita in moto per Bologna - Largo Respighi
La nostra Nikita / Nicole Grimaudo continua a girare per Bologna con il suo motorino (non è la Vespa di Cesare Cremonini, ma la sensazione è la stessa). Questa volta però è dalla parte opposta rispetto all'ultimo post. Se infatti la scorsa volta, dopo aver percorso via Zamboni, aveva girato a destra, questa volta (idealmente) ha svoltato a sinistra. E ci permette di scoprire un altro pezzo del quartiere universitario di quegli anni (la puntata pilota fu girata nel 2003). Un quartiere che era ancora leggero e scanzonato, prima che iniziasse l'invasione dei turisti.
In questa immagine vediamo Nikita attraversare Largo Respighi, la piazzetta a fianco del Teatro Comunale di Bologna (quello che all'epoca vedeva i punkabbestia stazionare davanti all'ingresso, per lo scandalo della buona società bolognese che andava alle prime). Anche questa via era attraversata dalle contraddizioni di tutto il quartiere universitario, che all'epoca era composto e attraversato da studenti e professori, dai collettivi, dagli artisti squattrinati, e pieno di filosofia spicciola scritta sui muri. Chissà cosa sta guardando Nikita. Forse il retro del Teatro Comunale che (come vedremo in un'altra puntata di Coliandro) vedeva concentrarsi di diversi spacciatori. Ma lo sguardo di Nikita non è certo lo sguardo di Coliandro: sicuramente penserà a quelle triste vite, tanto di chi compra che di chi vende, legate alla dipendenza da una sostanza e magari a cosa ha spinto tante persone dentro quel buco nero.
Il fatto di concentrare nel quartiere universitario le attività di spaccio di sostanze illecite è stata una scelta fatta negli anni '70 e mantenuta fino ai giorni nostri. Questo evitava che l'attività criminale arrivasse in altre zone del centro (con il rischio che il valore degli immobili crollasse, sai mai che la borghesia bolognese ci perdesse...), ma soprattutto di tenere bassa la conflittualità sociale: se gli studenti universitari erano stati protagonisti di mobilitazioni importanti, le sostanze leggere e pesanti permettevano di calmarli e fornivano una via d'uscita alternativa al malessere. Una scelta che purtroppo è costata molte giovani vite.
Ci fu un solo momento in cui gli spacciatori uscirono dal quartiere universitario e arrivarono in Piazza Maggiore: fu nell'inverno-primavera del 1999, pochi mesi prima della vittoria di Guazzaloca, il primo sindaco non di sinistra di Bologna. All'epoca non serviva a nulla chiamare per segnalarne la presenza nella piazza centrale della città. Sebbene la questura fosse a cento metri, nessuno interveniva. La composizione successiva della giunta Guazzaloca, con un assessore particolarmente prezioso sul tema, ne spiegarono la ragione. Oltre ai tanti avvenimenti oscuri che negli anni successivi hanno attraversato,prima e dopo, la stessa questura di Bologna. Dopo le elezioni del nuovo sindaco, gli spacciatori scomparirono come per magia.
Ma Largo Respighi e la successiva Via Castagnoli non erano solo spaccio, anzi! Come il resto della zona universitaria, anche questa via si adattava al suo pubblico. Da Largo Respighi fino a via Belle Arti c'erano vari negozi di vario tipo, tutti a basso prezzo, così come una libreria. Il ristorante greco è ormai storico, proprio perché, come in altre osterie italiane, si mangiava bene con poco. Era penso un'eredità degli studenti greci che negli anni della dittatura dei colonnelli, fuggirono e vennero a studiare a Bologna (in particolare medicina e ingegneria).
Ma soprattutto c'era il College, un bar per studenti che ha chiuso ormai molti anni fa. Era una sola vetrina, un bancone in legno e poco altro. Le pareti erano piene di scritte degli avventori, fatte con la biro, il pennarello e chissà forse qualcuna con il sangue: dichiarazioni d'amore, espressioni d'odio per il tal professore, frasi filosofiche, ricordi di serate, rimpianti, desideri, che si accumulavano e si cancellavano l'un l'altro nel giro di poche settimane, Poi c'erano gli adesivi (i patacchini come si dice(va) a Bologna) poltici, sociali, pubblicitari, autoprodotti. C'era credo qualche sgabello sgangherato, che veniva usato solo a fine serata per sorreggere chi non ce la faceva più. La caratteristica del College erano gli shot (credo a un euro), ma con varie sperimentazioni funamboliche di alta pericolosità: le bariste (in genere studentesse al pari dei clienti) accendevano con un accendino l'alcol nella bocca del cliente e facevano vari altri magie pirotecniche che negli hanno hanno sicuramente contribuito ad accorciare di parecchi anni la speranza di vita dei loro clienti. Il bar, in cui non c'era molta luce, veniva quindi illuminato dalle gole fiammanti dei propri clienti.
Oggi purtroppo la via è trasformata, e anche qui si trova ormai una sede di quella catena di scarsa qualità e prezzi astronomici che prende il nome dal prefisso telefonico e che offre ai turisti quello che loro pensano sia Bologna: se Bologna è la capitale della cucina (ma chi l'ha deciso poi), la si deve pagare cara. Solo che i turisti non sanno che la cucina di Bologna, come quella di altre città d'Italia, è una cucina povera, fatta per stare bene con poco, quando la miseria e il suo odore, come canta Guccini, da mandare via erano cosa seria. E vengono spennati, mangiando in maniera pessima, ma sono contenti e felici e mettono recensioni stratosferiche al corrispondente del mac donalds in salsa bolognese.
Anche la borghesia bolognese ha pagato il suo prezzo alla turistificazione: il bar del Comunale, una volta rinomato ritrovo che precedeva la visione dell'Opera, è diventato una birreria con cucina.
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